Salve,

sono una figlia preoccupata e le spiego il perchè. Mio padre ha avuto un infarto 1 anno fa mentre era al lavoro fuori città. Andò al pronto soccorso del luogo, rifiutò lì il ricovero e il giorno dopo, stando bene, venne ricoverato in una clinica privata qui nella mia città. Tutto andò per il meglio, sebbene in un caos generale. Tutto passò veloce e lui sembrava stesse benissimo, i buoni propositi erano stati messi in atto, stava attento al cibo e smise di fumare. Nei mesi successivi al post ricovero però dopo una crisi familiare avuta con mia madre, mio padre ha iniziato a manifestare i primi sintomi depressivi fino ad avere veri e proprio attacchi d’ansia e di panico, preoccupazione eccessive nei nostri confronti e la paura di non andare più a lavorare fuori (il che gli crea altro disagio con il datore di lavoro e quindi ancora ansia e preoccupazioni). Tale paura è dovuta alla possibilità di un secondo infarto e alla paura, anche se lui non lo esplicita, di lasciare mia madre. Intanto abbiamo eseguito vari accertamenti in quanto lamentava anche dolori toracici, ma il cuore sta alla grande e abbiamo pensato sia un problema appunto mentale. Dunque ha incontrato uno psichiatra che ha prescritto dei farmaci per gli attacchi d’ansia e un altro che facilita il sonno. Comunque i sintomi e il suo stato d’animo non sembrano essere migliorati. Mia madre non vuole che continui o che esageri con la terapia, in quanto lui afferma che gli sono necessari ma a mio avviso non fanno l’effetto sperato se non ci metti la volontà di guarire, infatti sembra proprio che lui non voglia stare bene, pare che non ha la forza di lottare, ed è lì fermo, sperando che gli passi tutto così come gli è venuto. Ed è questo il motivo che più ci preoccupa, per il quale le sto scrivendo chiedendole un consiglio.

 

La ringrazio e attendo una sua risposta